Aggiornamento Istat nelle locazioni ad uso diverso dall’abitativo

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Le variazioni in aumento del canone non possono però essere superiori al 75% di quelle accertate dall’ ISTAT, in base all’ indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Come accerteremo di seguito.

Nelle locazioni ad uso diverso dall’abitativo, originariamente, l’aggiornamento ISTAT aveva cadenza biennale e le parti possono convenire l’aggiornamento annuale del canone, su richiesta del locatore, solo a seguito di quanto disposto dal comma 9 – sexies dell’ articolo 1 della legge 5 aprile 1985, n. 118 – che ha modificato appunto l’ articolo 32 -. Prima delle modifiche introdotte dalla Legge 27 febbraio 2009, numero 14, le variazioni in aumento non potevano però superare il 75% di quelle accertate dall’ISTAT, in base all’ indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

La nullità delle clausole che stabiliscono aumenti in misura diversa da quella stabilita dall’ articolo 32 – nullità sanzionata dall’ articolo 79 della legge 392 / 1978 – non invalida l’ intero contratto, i base agli articoli 1419 e 1339 Codice Civile. Di conseguenza alla clausola contrattuale è sostituito automaticamente l’ aggiornamento previsto dal citato articolo 32. La nullità della clausola, comunque, si ha solo se essa attribuisce al locatore un vantaggio in contrasto con le disposizioni imperative della legge 392 / 1978 (Cass. 5 luglio 1993, n. 7317).

La nuova formulazione dell’ articolo 32 Legge 392 / 78 – ora modificato dalla Legge 14/2009 – dispone come segue: “Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della lira. Le variazioni in aumento del canone, per i contratti stipulati per durata non superiore a quella di cui all’articolo 27, non possono essere superiori al 75% di quelle accertate dall’ ISTAT, in base all’ indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti di locazione stagionale ed a quelli in corso all’entrata in vigore del limite di aggiornamento di cui al secondo comma del presente articolo”.

La modifica – entrata in vigore il 1° marzo 2009 – sembra aver introdotto due importanti novità: 1) è possibile stabilire una percentuale superiore al 75% di aggiornamento del canone, ove le parti stabiliscano una durata superiore a quella minima di legge; 2) l’intero aggiornamento del canone può essere applicato anche ai contratti in corso.

Sotto il primo profilo sembra che la norma si ponga l’ obiettivo di una maggior liberalizzazione del canone, a fronte di una maggior durata del contratto. Il limite del 75% opera quindi solo per i contratti per i quali sia pattuita una durata in misura corrispondente a quella minima legale, prevista dall’ articolo 27 Legge 392 / 78 (sei anni o nove anni rinnovabili). In altri termini, ove stipulino un contratto di locazione ad uso commerciale con durata per esempio di 7 anni rinnovabili, le parti possono convenire che l’ aggiornamento del canone sia pari al 100% della variazione ISTAT.

Sotto il secondo profilo, l’ aggiornamento per intero del canone sembra poter operare anche per i contratti in corso, con durata superiore a quella minima di legge, ove le parti ricontrattino la clausola relativa all’ aggiornamento ovvero nel caso in cui nel contratto sia contenuta una clausola che preveda l’aggiornamento ISTAT, nella misura massima prevista dalla legge.

L’aggiornamento ISTAT si applica, con le stesse modalità, anche alle locazioni stagionali (art. 33). Resta però fermo che l’ aggiornamento può essere richiesto dal locatore solo se espressamente convenuto in sede contrattuale, trattandosi di obbligazione facoltativa. Con la conseguenza che il locatore ha l’onere di allegare e provare con ogni mezzo l’ esistenza del patto che lo preveda.

Diversamente da quanto accade per i contratti abitativi – per i quali è prevista a pena di nullità la forma scritta – nelle locazioni ad uso diverso, il patto sull’ aggiornamento può peraltro essere anche verbale, contestuale o posteriore alla formazione del contratto (Cass. 13 novembre 1989, n. 4800; Cass. 30 maggio 1996, n. 5008).

Fonte: Confappi

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